Con la legge 29 dicembre 2021 n. 233 di conversione del D.L. 152/2021 in materia di spedizione e di trasporto, il legislatore ha portato un importante ammodernamento di alcuni articoli del Codice Civile il cui testo risaliva ancora alla promulgazione del 1942 in maniera ormai anacronistica rispetto alla significativa evoluzione che ha caratterizzato negli ultimi decenni la figura dello spedizioniere, anche a seguito della comparsa del trasporto multimodale e del massiccio sviluppo delle attività di logistica.
In particolare, all’art. 1737 si è stabilito che “Il contratto di spedizione è un mandato con il quale lo spedizioniere assume l’obbligo di concludere in nome proprio e per conto del mandante o, se dotato di poteri di rappresentanza, in nome e per conto del mandante, uno o più contratti di trasporto con uno o più vettori e di compiere le operazioni accessorie”. Alla figura dello spedizioniere “senza rappresentanza” che acquisisce i diritti e assume esso stesso gli obblighi del contratto, si affianca pertanto ora la figura dello spedizioniere “con rappresentanza” che non detiene la titolarità del rapporto né è destinatario degli effetti e non è responsabile dell’esecuzione del rapporto contrattuale.
E’ evidente il rilievo delle conseguenze che il corretto conferimento della rappresentanza comporta: solo con la corretta c.d. “spendita del nome” il trasferimento di diritti ed obblighi interverrà automaticamente in capo al mandante
che, a differenza del passato, in caso di danno avrà il diritto di agire direttamente nei confronti del vettore effettivo.
Al fine di evitare contestazioni sull’effettiva sussistenza del potere di rappresentanza, sulle modalità del conferimento di tale potere e sulla sua portata, pertanto, lo spedizioniere potrà -e dovrà, nel suo interesse- munirsi di un mandato in forma scritta, al fine di precostituirsi un mezzo di prova in caso di contestazione sulla portata del suo potere di rappresentanza e/o sull’esistenza stessa del contratto. Con lo scopo di valorizzare l’istituto del mandato e, più in generale, l’autonomia contrattuale delle parti, il nuovo art. 1739 stabilisce che “Nell’esecuzione del mandato lo spedizioniere è tenuto ad osservare le istruzioni del mandante. Lo spedizioniere non ha l’obbligo di provvedere all’assicurazione delle cose spedite, salva espressa richiesta del mandante”.
Nell’abrogare il concetto secondo cui lo spedizioniere è tenuto a osservare le istruzioni del mittente “nella scelta di via, del mezzo e delle modalità del trasporto della merce” in luogo del concetto più ampio espresso dalla dicitura “nell’esecuzione del mandato”, il legislatore ha senz’altro allargato l’ambito di autonomia dello spedizioniere -potendo estendersi anche alla scelta del vettore, alle modalità di carico etc.-; eliminando l’inciso relativo alla “mancanza di istruzioni”, peraltro, le responsabilità dello spedizioniere viene circoscritta alle sole obbligazioni risultanti dal contratto -quale unica fonte per valutare il corretto adempimento da parte dello spedizioniere-.
L’importanza della forma scritta, d’altra parte, emerge anche dalla dicitura “espressa”, del tutto assente nella prima versione della norma e diretta a dirimere le numerose contestazioni che fino alla riforma in esame sorgevano tra mandante e spedizioniere circa l’esistenza o meno di un mandato ad assicurare la merce e l’idoneità della copertura assicurativa stipulata anche in funzione del valore del
carico (si pensi al caso di coperture stipulate ai sensi delle ICC edizione 82 in luogo delle più protettive ICC 2009).
Oggi, solo ove tale onere risulterà in forma esplicita, sullo spedizioniere incomberà l’obbligo ad assicurare, scegliendo la copertura assicurativa più adatta alla tipologia di trasporto e ai rischi cui è esposta la merce. L’art. 1741, relativo al c.d. spedizioniere-vettore che assume anche l’esecuzione del trasporto, beneficia di un secondo comma secondo il quale “Nell’ipotesi di perdita o avaria delle cose delle cose spedite, si applica l’articolo 1696 c.c.”.
L’importanza di tale modifica è palpabile: se mentre fino ad oggi il proprietario delle merci non poteva agire contro lo spedizioniere facendo valere la sua responsabilità in caso di perdita o avaria delle cose delle cose spedite, con la riforma in oggetto all’avente diritto è stata riconosciuta la facoltà di veder riconosciuto il proprio diritto al risarcimento dal soggetto responsabile (vettore) e dal soggetto a cui si è affidato (spedizioniere) il quale, peraltro, potrà beneficiare – laddove ne sussistano i presupposti – del limite risarcitorio previsto dall’art. 1696 c.c.
L’intervento riformatore di più ampia portata appare quello rappresentato dal primo comma dell’art. 30 bis del Decreto 152/2021 che ha inciso proprio sull’art.1696 c.c. secondo cui “Il danno derivante da perdita o da avaria si calcola secondo il prezzo corrente delle cose trasportate nel luogo e nel tempo della riconsegna. Il risarcimento dovuto dal vettore non può essere superiore a 1 euro per ogni chilogrammo di peso lordo della merce perduta o avariata nei trasporti nazionali terrestri e all’importo di cui all’articolo 23, paragrafo 3, della Convenzione relativa al contratto di trasporto internazionale di merci su strada, con Protocollo, firmata a Ginevra il 19 maggio 1956, ratificata ai sensi della legge 6 dicembre 1960, n.1621, nei trasporti internazionali terrestri, ovvero ai limiti previsti dalle convenzioni internazionali o dalle leggi nazionali applicabili per i
trasporti aerei, marittimi, fluviali e ferroviari, sempre che ricorrano i presupposti ivi previsti per il sorgere della responsabilità del vettore. Nel caso il trasporto venga effettuato per il tramite di più mezzi vettoriali di natura diversa e non sia possibile distinguere in quale fase del trasporto si sia verificato il danno, il risarcimento dovuto dal vettore non può in ogni caso essere superiore a 1 euro per ogni chilogrammo di peso lordo della merce perduta o avariata nei trasporti nazionali e a 3 euro per ogni chilogrammo di peso lordo della merce perduta o avariata nei trasporti internazionali. Le disposizioni dei commi primo, secondo e terzo non sono derogabili a favore del vettore se non nei casi e con le modalità previsti dalle leggi speciali e dalle convenzioni internazionali applicabili. Il vettore non può avvalersi della limitazione della responsabilità prevista a suo favore dal presente articolo ove sia fornita la prova che la perdita o l’avaria della merce sono stati determinati da dolo o colpa grave del vettore o dei suoi dipendenti e preposti, ovvero di ogni altro soggetto di cui egli si sia avvalso per l’esecuzione del trasporto, quando tali soggetti abbiano agito nell’esercizio delle loro funzioni”.
Con lo scopo di correggere alcune incertezze sulla disciplina della limitazione della responsabilità vettoriale conseguenti alla riforma attuata con il d.lgs. 21 novembre 2005, n. 286, il legislatore ha precisato che i limiti risarcitori ivi originariamente previsti [ossia 1 euro per ogni kg di peso lordo della merce perduta o avariata e all’importo (8,33 DSP) di cui all’art. 23.3 della Convenzione CMR] si applicano ai soli trasporti terrestri rispettivamente nazionali o internazionali, mentre i trasporti aerei, marittimi, fluviali e ferroviari sono soggetti ai limiti sanciti dalle convenzioni internazionali o dalle leggi nazionali applicabili nei casi specifici e sempre che ricorrano i presupposti ivi previsti per l’insorgere della responsabilità del vettore.
Di fondamentale importanza -dato il suo svilupparsi- è ciò che è stato ulteriormente stabilito in caso di trasporto multimodale: la disposizione di fatto
presuppone che il limite risarcitorio previsto al secondo comma si applichi al trasporto multimodale (recependo dunque l’orientamento ora consolidato nella giurisprudenza) ed introduce una ulteriore specificazione per l’eventualità che resti ignota la fase del trasporto in cui si è verificato il danno, prevedendo in tal caso per il trasporto internazionale un limite sensibilmente inferiore (3 euro in luogo di 8,33 DSP). Viene infine modificato l’art. 2761 del codice civile, sulla disciplina dei crediti privilegiati. Nello stabilire che I crediti dipendenti dal contratto di trasporto e di spedizione e quelli per le spese d’imposta anticipate dal vettore o dallo spedizioniere hanno privilegio sulle cose trasportate o spedite finché queste rimangono presso di lui. Tale privilegio può essere esercitato anche su beni oggetto di un trasporto o di una spedizione diversi da quelli per cui è sorto il credito purché detti trasporti o spedizioni costituiscano esecuzione di un unico contratto per prestazioni periodiche o continuative. I crediti derivanti dall’esecuzione del mandato hanno privilegio sulle cose del mandante che il mandatario detiene per l’esecuzione del mandato. I crediti derivanti dal deposito o dal sequestro convenzionale a favore del depositario e del sequestratario hanno parimenti privilegio sulle cose che questi detengono per effetto del deposito o del sequestro. Si applicano a questi privilegi le disposizioni del secondo e del terzo comma dell’articolo 2756. Qualora il mandatario abbia provveduto a pagare i diritti doganali per conto del mandante il suo credito ha il privilegio di cui all’articolo 2752”, si vede come la previsione del privilegio viene estesa anche allo spedizioniere oltre al vettore, al mandatario, al depositario e al sequestratario, già previsti.
Il privilegio speciale -e il correlativo diritto di ritenzione- conseguente ai crediti sorti dal contratto di spedizione, oltretutto, può ora esercitarsi anche per i crediti pregressi sulle cose detenute dallo spedizioniere in forza di un diverso contratto (e perciò non soltanto “sulle cose del mandante che il mandatario detiene per
l’esecuzione del mandato”). Sulla scia di un consolidato orientamento giurisprudenziale, il legislatore ha opportunamente precisato che questo privilegio può essere esercitato “anche su beni oggetto di un trasporto o di una spedizione diversi da quelli per cui è sorto il credito, purché detti trasporti o spedizioni costituiscano esecuzione di un unico contratto per prestazioni periodiche o continuative”.
Tale ultimo inciso della riforma rende sicuramente opportuno un riesame dei rapporti contrattuali esistenti, al fine di valutare se rientrino nella nozione di contratto unico per prestazioni periodiche o continuative.
Alla luce di quanto esposto, fermo il carattere necessariamente innovativo della riforma, è chiaro che la stessa si presta in alcuni punti a divergenti interpretazioni (si pensi al fatto che l’art.2761 non chiarisce se lo stesso possa essere invocato solo dallo spedizioniere “puro” o solo dallo spedizioniere-vettore; si pensi alle difficoltà di coordinamento in sede di applicazione della disciplina sul rapporto multimediale che di fatto determina un limite più conveniente al vettore multimediale nell’eventualità che non si individui in che tratta si è verificato il danno; si pensi alle complesse questioni di coordinamento dei privilegi (e delle modalità di esecuzione degli stessi) spettanti ai vari soggetti coinvolti nel trasporto, in particolare al vettore ed allo spedizioniere, di disciplina del concorso tra di essi, e di rango e priorità per la soddisfazione dei crediti rispettivamente vantati) che alimenterà ancora il dibattito giurisprudenziale nelle aule di Tribunale, in assenza di testi contrattuali puntuali e circoscritti che ne determinino l’ambito.

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