Come noto, il D. Lgs. 231/2001 e ss.mm. disciplina la responsabilità delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni per gli illeciti amministrativi dipendenti da talune fattispecie di reato, laddove commessi nell’interesse o a vantaggio dell’ente stesso, così come previsto e disposto dall’art. 5 del citato decreto legislativo.

Ai fini della “responsabilità 231”, occorre, dunque, che l’Ente abbia tratto un concreto beneficio dalla commissione dell’illecito penale ascrittogli.

Su questo tema, si è espressa in data 10.09.2021 la Corte di Cassazione Penale con la sentenza n. 33595, secondo cui, in materia di reati di antinfortunistica sui luoghi di lavoro, anche la velocizzazione degli interventi connessi alla predisposizione delle misure di sicurezza può far sorgere responsabilità ai sensi del D. Lgs. 231/2001, laddove al risparmio di tempo corrisponda un risparmio di spesa.

Il caso sui cui è stata chiamata a decidere la Suprema Corte era quello relativo a un lavoratore che aveva riportato gravi lesioni, con prognosi di 90 giorni, poiché, mentre si trovava sulla sommità di un forno fusorio in fase di installazione, precipitava da un’altezza di oltre tre metri.

Nella fattispecie, la Corte ha ravvisato l’elemento dell’interesse ex art. 5 D. Lgs. 231/2001, nella “fretta” della realizzazione dell’opera da parte della società costruttrice e dei relativi subappaltatori, atteso che la velocizzazione nell’esecuzioni dei lavori, se da un lato ha consentito una riduzione dei costi in termini di tempo e di retribuzione, dall’altro ha indubbiamente pregiudicato la dovuta attenzione alla sicurezza delle opere realizzate.

Si legge infatti nell’anzidetta pronuncia: “può affermarsi che sia emerso un diretto interesse alla maggior concentrazione dell’attività produttiva. Concentrazione che sarebbe stata sicuramente compromessa da una più attenta attività di verifica e di coordinamento tra le ditte […] Al risparmio di tempo corrisponde in via logica e fattuale un corrispondente risparmio di spesa in termini di giornate di lavoro pagate e comunque di costo complessivo dell’opera. Specularmente, la fretta nella realizzazione delle opere evitando la necessaria precisione di verifica e di gestione dei rischi costituisce sintomo e nello stesso tempo effetto della disorganizzazione strutturale […]”.

Oltre che nel caso sopra esaminato, gli Ermellini hanno preso posizione su questo tema in molteplici occasioni anche nel corso dell’ultimo anno, laddove con la sentenza n. 21522/2021 hanno affermato che il requisito dell’interesse sussiste qualora la mancata adozione delle cautele antinfortunistiche derivi da una scelta finalisticamente orientata a un risparmio sui costi di impresa.

E ancora, la sentenza n. 12149/2021 statuisce che l’interesse può ravvisarsi anche in relazione a una trasgressione isolata dovuta ad una iniziativa estemporanea, senza necessità di provare la natura sistematica delle violazioni antinfortunistiche, allorché altre evidenze fattuali dimostrino il collegamento finalistico tra la violazione e l’interesse dell’ente.

La Cassazione Penale ha, tuttavia, espresso un principio anche a tutela dell’ente, laddove ha precisato che in caso di sinistro sul lavoro, l’ente non risponde se manca la prova dell’oggettiva prevalenza delle esigenze della produzione e del profitto su quella della tutela della salute dei lavoratori; la prova dell’effettivo vantaggio (consistente nel risparmio di spesa) non è quindi desumibile sic et simpliciter dall’omessa adozione della misura di prevenzione (cfr. Cass. Pen. 22256/2021).

Orbene, dalla lettura combinata delle richiamate pronunce, si desume la necessità di consentire che tutte le misure adottate a tutela dei lavoratori seguano un iter attento e preciso, atteso che la “fretta” nell’esecuzione potrebbe comportare l’insorgere di responsabilità “231”, se corroborata da elementi fattuali che provino un vantaggio concreto dell’ente a titolo di risparmio sui costi di impresa.

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