In data 4 ottobre 2021 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Decreto 2 settembre 2021 n. 237, recante i “Criteri per la gestione dei luoghi di lavoro in esercizio ed in emergenza e caratteristiche dello specifico servizio di prevenzione e protezione antincendio, ai sensi dell’articolo 46, comma 3, lettera a), punto 4 e lettera b) del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81”, che entrerà in vigore a un anno dalla pubblicazione e, dunque, in data 4 ottobre 2022.
Il suddetto decreto prevede la propria applicazione nei luoghi di lavoro, così come definiti dall’art. 62 del T.U.S.L. (i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro), nonché nei cantieri temporanei e mobili, limitatamente a quanto previsto in materia di designazione degli addetti al servizio antincendio, formazione dei medesimi e requisiti dei docenti dei corsi di formazione.
Nel dettaglio della gestione della sicurezza antincendio, il decreto elenca le misure da adottare in caso di esercizio o di emergenza, prevedendo una serie di criteri che devono essere rispettati nel c.d. “piano di emergenza”, ovverosia un documento che individui gli addetti alla prevenzione degli incendi – che in taluni casi, previsti dall’Allegato IV al decreto in commento, dovranno possedere uno specifico attestato di idoneità tecnica – nonché il datore di lavoro e che deve necessariamente essere redatto in alcuni luoghi di lavoro indicati nel decreto stesso.
Di fondamentale importanza è, poi, la formazione dei lavoratori in materia antincendio, onde consentire a chiunque si trovi in loco in caso di emergenza di adottare una condotta quanto più idonea a scongiurare il rischio di episodi lesivi.
L’Allegato 1 al decreto in commento, infatti, elenca una serie di argomenti tassativi che devono essere oggetto di formazione, quali:
a) i rischi di incendio e di esplosione legati all’attività svolta;
b) i rischi di incendio e di esplosione legati alle specifiche mansioni svolte;
c) le misure di prevenzione e di protezione incendi adottate nel luogo di lavoro con particolare riferimento a:
– osservanza delle misure di prevenzione degli incendi e relativo corretto comportamento negli ambienti di lavoro;
– accorgimenti comportamentali correlati agli scenari di emergenza (ad esempio, in relazione all’uso degli ascensori e delle porte e della connessa modalità di apertura);
d) l’ubicazione delle vie d’esodo;
e) le procedure da adottare in caso di incendio, ed in particolare informazioni inerenti:
– le azioni da attuare in caso di incendio;
– l’azionamento dell’allarme;
– le procedure da attuare all’attivazione dell’allarme e di evacuazione fino al punto di raccolta in luogo sicuro;
– la modalità di chiamata dei vigili del fuoco.
f) i nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure di prevenzione incendi, lotta antincendio e gestione delle emergenze e primo soccorso;
g) il nominativo del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

È dunque evidente che la formazione debba necessariamente essere effettuata ad hoc sulla scorta della tipologia di luoghi ed attività svolte nelle singole imprese, così come il piano di emergenza predisposto dal datore di lavoro, i cui criteri sono individuati dall’Allegato 2 al decreto de quo.
L’introduzione di queste nuove disposizioni legislative comporta, dunque, inevitabilmente, un’onerosa assunzione di responsabilità in capo al datore di lavoro, che ha l’obbligo di adottare le misure più opportune per la prevenzione antincendio, predisporre il piano di emergenza, formare i propri lavoratori, designare gli addetti al servizio di prevenzione e protezione e provvedere all’informazione, formazione e aggiornamento dei medesimi.
E ciò, peraltro, ha un notevole impatto sul datore di lavoro dal punto di vista della più generale sicurezza nei luoghi di lavoro di cui al D. Lgs. 81/2008 e, conseguentemente, nell’ambito della responsabilità amministrativa da reato in capo alle società disciplinata dal D. Lgs. 231/2001.
Pertanto, si consiglia agli enti ed alle società interessate dal decreto in commento, nel momento in cui dovranno adottare le misure ivi previste, di considerare l’opportunità di provvedere all’aggiornamento e alla revisione del proprio MOGC 231.
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