Come ormai ampiamente noto, in data  24 dicembre 2019 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale la Legge 19 dicembre 2019 n. 157 che ha convertito, con modificazioni, il D.L. n. 124 (c.d. Decreto Fiscale) il quale, all’art. 4, contiene importanti novità in materia di regime di appalto, con efficacia dal primo gennaio 2020.

Per quanto in questa sede compete, la norma è pienamente e dichiaratamente incentrata, come si può agevolmente evincere dalla lettura della relazione illustrativa accompagnatoria, sulla volontà di regolamentazione e sulla lotta all’irregolarità delle attività che prevedono prestazioni ormai comunemente definite “labour intensive”.

Il testo della norma di conversione ha recepito molti parametri indicativi tipici del regime di reverse charge, ed ha determinato un ambito applicativo ridotto rispetto a quello originariamente ipotizzato nella formulazione originaria, che localizzava il campo applicativo a quelli che venivano genericamente definiti contratti per il “compimento di un’opera o di un servizio”.

L’art.17 bis del Decreto Legge 26 ottobre 2019, n.124, convertito dalla L.157 del 19 dicembre 2019, dispone che […] “i soggetti […] che affidano il compimento di una o  piu’  opere  o  di  uno  o  piu’ servizi di importo complessivo  annuo  superiore  a  euro  200.000  a un’impresa, tramite contratti di appalto, subappalto,  affidamento  a soggetti  consorziati  o  rapporti  negoziali   comunque   denominati caratterizzati da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attivita’ del committente  con  l’utilizzo  di  beni  strumentali  di proprieta’ di quest’ultimo  o  ad  esso  riconducibili  in  qualunque forma,  sono  tenuti  a   richiedere   all’impresa   appaltatrice   o affidataria e alle imprese subappaltatrici, obbligate a  rilasciarle, copia  delle  deleghe  di  pagamento  relative  al  versamento  delle ritenute di cui  agli  articoli  23  e  24  del  citato  decreto  del Presidente della Repubblica n. 600 del 1973, 50, comma 4, del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446,  e  1,  comma  5,  del  decreto legislativo  28  settembre  1998,  n.  360,  trattenute  dall’impresa appaltatrice  o  affidataria  e  dalle  imprese  subappaltatrici   ai lavoratori direttamente impiegati nell’esecuzione  dell’opera  o  del servizio. Il versamento delle ritenute di cui al  periodo  precedente e’ effettuato dall’impresa appaltatrice o affidataria e  dall’impresa subappaltatrice, con distinte deleghe per ciascun committente,  senza possibilita’ di compensazione.

Al di là della terminologia e del nomen iuris che le parti vorranno attribuire al loro rapporto negoziale, dunque, alcuni criteri di effettività delimitano il campo applicativo dell’articolo, vale a dire:

  1. Requisito dimensionale: l’importo complessivo annuo dei servizi deve essere superiore a 200.000,00 Euro;
  2. Requisito di ubicazione delle opere: le attività devono essere rese presso le sedi di attività delle committenze;
  3. Requisito di tipologia delle attività: le prestazioni devono essere caratterizzate da prevalente utilizzo di manodopera presso le sedi di attività del committente con utilizzo di beni strumentali di proprietà di quest’ultimo o ad esso riconducibili in qualunque forma.

Il requisito di cui al punto b) pare porre un elemento distintivo netto di applicabilità della norma, escludendo con ciò dall’ambito applicativo delle medesima le attività che vengono eseguite, sotto qualsiasi denominazione, presso la sede del fornitore.

Ovviamente il concetto di “sede del committente” non potrà coincidere con la sola sede legale o sede principale, ma dovrà ragionevolmente essere esteso anche a sedi secondarie, filiali, reparti, cantieri, ubicati lontano dalla sede legale o primaria.

Il presupposto di cui alla lettera c), con l’inciso “riconducibili in qualunque forma” sembra pertanto far rientrare nell’ambito applicativo del provvedimento tutte le forme non solo di comodato, ma anche di affitto o noleggio (più o meno genuine) di beni strumentali di titolarità della committenza fornite in dotazione e uso all’operatore, largamente diffuse nella prassi operativa.

Tuttavia, ad un ragionamento approfondito, il requisito dell’utilizzo dei beni strumentali del committente non pare considerabile quale requisito dirimente, diversamente il provvedimento emanato finirebbe con il non essere applicabile proprio nei casi di somministrazione illecita di mandodopera, fenomeno che invece la legge dichiaratamente vuole contrastare.

Il dettato continua precisando che “Al  fine  di  consentire  al   committente   il   riscontro dell’ammontare complessivo degli importi versati dalle imprese, entro i cinque giorni lavorativi successivi alla scadenza del versamento di cui all’articolo 18, comma 1, l’impresa appaltatrice o affidataria  e le imprese subappaltatrici  trasmettono  al  committente  e,  per  le imprese subappaltatrici, anche all’impresa appaltatrice le deleghe di cui al comma 1 del presente articolo e un elenco nominativo di  tutti i lavoratori, identificati mediante  codice  fiscale,  impiegati  nel mese precedente  direttamente  nell’esecuzione  di  opere  o  servizi affidati dal committente,  con  il  dettaglio  delle  ore  di  lavoro prestate da  ciascun  percipiente  in  esecuzione  dell’opera  o  del servizio affidato,  l’ammontare  della  retribuzione  corrisposta  al dipendente collegata a tale prestazione e il dettaglio delle ritenute fiscali  eseguite  nel  mese  precedente  nei   confronti   di   tale lavoratore,  con  separata  indicazione  di  quelle   relative   alla prestazione affidata dal committente”, determinando poi che “Nel caso in cui alla data di cui al comma 2 sia maturato  il diritto  a  ricevere  corrispettivi   dall’impresa   appaltatrice   o affidataria  e  questa  o  le  imprese  subappaltatrici  non  abbiano ottemperato all’obbligo di trasmettere al committente le  deleghe  di pagamento e le informazioni relative ai lavoratori impiegati  di  cui al  medesimo  comma  2  ovvero  risulti  l’omesso   o   insufficiente versamento delle ritenute fiscali rispetto ai dati  risultanti  dalla documentazione trasmessa, il  committente  deve  sospendere,  finche’ perdura l’inadempimento,  il  pagamento  dei  corrispettivi  maturati dall’impresa appaltatrice o affidataria sino a concorrenza del 20 per cento del valore complessivo dell’opera o del servizio ovvero per  un importo pari all’ammontare delle ritenute  non  versate  rispetto  ai dati risultanti dalla documentazione trasmessa, dandone comunicazione entro  novanta  giorni   all’ufficio   dell’Agenzia   delle   entrate territorialmente competente nei suoi  confronti. In  tali  casi,  e’ preclusa all’impresa appaltatrice o affidataria ogni azione esecutiva finalizzata al soddisfacimento del credito il cui pagamento e’  stato sospeso, fino a quando non sia stato  eseguito  il  versamento  delle ritenute”.

Dunque il committente che abbia accertato (o che abbia potuto accertare) il mancato assolvimento dell’onere di versamento delle ritenute d’acconto da parte del proprio fornitore di attività, deve (la norma non prevede la facoltà, ma l’obbligo) sospendere il pagamento dei corrispettivi maturati dall’impresa appaltatrice sino alla concorrenza di quanto non corrisposto, ed è tenuto a segnalare la circostanza all’Agenzia delle Entrate.

Di contro, a tutela della committenza, la norma dispone per l’impossibilità da parte dell’appaltatore di procedere con azioni esecutive al recupero del proprio credito.

Un meccanismo che, se applicato in maniera distorta o maliziosa, potrebbe comportare da un lato l’indebita o strumentale sospensione di pagamenti da parte del committente che sostenga (pur a torto) il non corretto assolvimento da parte dell’appaltatore degli oneri connessi alle ritenute, e dall’altro l’assoggettamento del committente a illegittime iniziative giudiziarie ad opera dell’appaltatore che, pur in presenza di efficacia della norma, ritenesse comunque di agire a tutela del proprio credito. Si badi infatti, quanto all’ultimo esempio, che la norma inibisce le azioni esecutive, ma ben potrebbe l’appaltatore ottenere un decreto ingiuntivo in danno del committente o citarlo in giudizio con rito ordinario, arrecando comunque costi e tensioni in capo a quest’ultimo.

Sotto il profilo delle sanzioni, il comma 4 dell’art.17 bis dispone che in caso di inottemperanza agli obblighi previsti dai commi 1e 3, il committente e’ obbligato al pagamento di una somma  pari  alla sanzione  irrogata   all’impresa   appaltatrice   o   affidataria   o subappaltatrice  per  la  violazione  degli  obblighi   di   corretta determinazione delle ritenute e di corretta esecuzione delle  stesse, nonche’   di   tempestivo   versamento,   senza    possibilita’    di compensazione. Il committente che dunque non vigila e non ottempera al disposto normativo, rischia di dover corrispondere una sanzione non certo trascurabile.

Il comma 5 prevede poi l’esclusione dell’applicabilità laddove le  imprese  appaltatrici  o   affidatarie   o subappaltatrici  di  cui  al  comma  1  comunichino  al  committente, allegando la relativa  certificazione,  la  sussistenza,  nell’ultimo giorno del mese precedente a quello della scadenza prevista dal comma 2, dei seguenti requisiti:

  1. a) risultino in attivita’ da almeno tre anni, siano in regola con gli obblighi dichiarativi  e  abbiano  eseguito  nel  corso  dei periodi d’imposta cui si riferiscono  le  dichiarazioni  dei  redditi presentate nell’ultimo triennio complessivi versamenti registrati nel conto  fiscale  per  un  importo  non  inferiore  al  10  per   cento dell’ammontare dei ricavi o compensi risultanti  dalle  dichiarazioni medesime;
  2. b) non abbiano iscrizioni a ruolo o accertamenti esecutivi o avvisi di addebito affidati agli agenti  della  riscossione  relativi alle imposte  sui  redditi,  all’imposta  regionale  sulle  attivita’ produttive, alle ritenute e ai contributi previdenziali  per  importi superiori ad euro 50.000, per i quali i termini  di  pagamento  siano scaduti e siano  ancora  dovuti  pagamenti  o  non  siano  in  essere provvedimenti di sospensione.  Le  disposizioni  di  cui  al  periodo precedente non  si  applicano  per  le  somme  oggetto  di  piani  di rateazione per i quali non sia intervenuta decadenza.

La certificazione di cui al comma 5, sarà posta a disposizione delle singole imprese dall’Agenzia delle Entrate a far data dall’applicazione della norma, e avrà validità quattro mesi.

L’intento del legislatore appare dunque anche quello di contrastare l’avvicendamento di una pluralità di soggetti affidatari dei servizi di neocostituzione, privilegiando le imprese cha da tempo operano sul mercato in regime di regolarità di imposta.

A chiosa, al comma 8 l’articolo 17 bis dispone che per  le  imprese  appaltatrici  o  affidatarie  e  per   le   imprese subappaltatrici di cui al comma 1 viene esclusa la facolta’  (fatta salva per i soli soggetti indicati dal comma 5) di  avvalersi  dell’istituto  della   compensazione   quale modalita’ di estinzione  delle  obbligazioni  relative  a  contributi previdenziali  e  assistenziali  e  premi  assicurativi  obbligatori, maturati in relazione ai dipendenti di cui al medesimo comma 1. Tale esclusione opera con riguardo a tutti i  contributi  previdenziali  e assistenziali e ai  premi  assicurativi  maturati,  nel  corso  della durata  del  contratto,  sulle  retribuzioni  erogate  al   personale direttamente impiegato nell’esecuzione  delle  opere  o  dei  servizi affidati.

Successivamente all’entrata in vigore della norma, che rappresenta dichiaratamente uno strumento finalizzato a contrastare l’illegalità in ambito di appalti e forniture di servizi, l’Agenzia delle Entrate ha emanato già tre risoluzioni (n.108, n.109 e n.110/19) che tuttavia lasciano ancora molto spazio a svariati dubbi interpretativi che necessiteranno di essere colmati, si spera a breve stante l’applicabilità odierna del disposto normativo esaminato.

Tentando di ragionare sull’applicabilità del provvedimento in ambito di logistica e trasporti, se pare indubitabile, pur con le limitazioni sopra evidenziate, che gli appalti resi sulle piattaforme logistiche di titolarità della committenza (es. facchinaggio, movimentazione, carico e scarico, approntamento ordini, …) siano inequivocabilmente investiti dal disposto in esame, molte più incertezze, ancora non espressamente fugate, paiono sussistere sull’attività di trasporto in senso puro.

Il dubbio sorge dalla lettura della relazione illustrativa del Disegno di Legge, presentata il 26 ottobre alla Camera dei Deputati, laddove si legge dapprima che “la modifica normativa […] è volta a tutelare l’erario nei confronti dell’omesso versamento di ritenute fiscali da parte di imprese appaltatrici e subappaltatrici o comunque impiegate nell’esecuzione di opere e servizi”, con successiva precisazione che “l’ambito applicativo non è limitato esclusivamente ai contratti di appalto, dovendo intendersi ricompresi nella locuzione utilizzata anche i contratti non nominati, o misti, nonché i contratti di subfornitura, logistica, spedizione e trasporto, nei quali oggetto del contratto è comunque l’assunzione di un obbligo di fare da parte dell’impresa appaltatrice […]”.

E’ pur vero che ne testo di conversione il riferimento nominativo ai contratti di spedizione e trasporto scompare, ma allo stato il dubbio circa l’applicabilità o meno della norma pure a tale tipologia di attività permane, anche alla luce di tutto quel processo normativo e giurisprudenziale di assimilazione tra il contratto di appalto e quello di trasporto di durata cui abbiamo assistito nel corso dell’ultimo decennio.

Vero è che il requisito geografico dell’art.17 bis (che come visto in precedenza è applicabile unicamente alle attività rese presso le sedi di attività del committente) parrebbe far propendere per l’esclusione dell’applicabilità ai contratti di trasporto, ma è altrettanto vero che l’esecuzione dell’attività di trasporto è per sua natura mista e composita, in quanto resa per massima parte all’esterno di locali aziendali, ma in parte anche all’interno di essi (si pensi alle attività di carico e scarico del mezzo, o alle fasi di attesa per accedere al carico o allo scarico).

E se è pur vero che in molti casi i mezzi del trasportatore sono di titolarità di quest’ultimo, è altresì vero che in altre ipotesi possono risultare almeno in gran parte del committente (si guardi ad esempio al diffuso fenomeno delle trazioni dei bilici, o all’utilizzo delle c.d. casse mobili).

Certo, con un’interpretazione restrittiva ci si potrebbe addirittura trovare di fronte alla paradossale situazione di dover scindere le prestazioni rese dal personale dipendente del vettore all’interno dei locali del committente da quelle rese in strada e dunque al di fuori degli stessi…

Ed ancora, il conducente del mezzo caricato in regime di groupage risulterebbe contemporaneamente applicato a più servizi di trasporto per conto di svariati soggetti committenti…

Per non parlare poi dell’incontrollata e incontrollabile filiera delle subvezioni, che spesso restano completamente ignote alla committenza che invece, laddove si ritenesse applicabile la presente normativa al trasporto, le dovrebbe monitorare.

Sicuramente l’articolo 17 bis farà ancora molto discutere e saranno assolutamente necessarie ed opportune altre ulteriori risoluzioni per comprendere (o escludere con certezza) la portata del medesimo sulla filiera del trasporto.

Nella fase di c.d. start up applicativo, è quindi suggeribile utilizzare un approccio molto prudente, per evitare poi a posteriori, magari a distanza di mesi o anni, l’applicazione di sanzioni da parte degli organismi preposti o pronunce giurisprudenziali particolarmente rigorose e restrittive in danno della committenza.

Avv. Germano Margiotta