A distanza di pochi anni dall’ultima riforma legislativa, intervenuto solo nel 2012 con la nota L. 190, viene oggi nuovamente rivisto il tenore delle disposizioni che regolano la complessa materia della corruzione fra privati.
In attuazione alla normativa comunitaria (decisione quadro 2003/568/GAI), è infatti entrato in vigore sul finire del mese che precede quello in corso il D.lgs. 15 marzo 2017, n. 38, mediante il quale è stato parzialmente revisionato il corpo degli artt. 2635 e ss. del codice civile.
Se pur per mera assonanza terminologica la fattispecie in esame evochi alla mente il diritto penale, la matrice privatistica del fenomeno è rimarcata proprio dalla tutela accordata dal legislatore: quella del patrimonio della società commerciale.
Si legge, oggi, all’art. 2635 c.c.:
“Salvo che il fatto costituisca più grave reato, gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, di società o enti privati che, anche per interposta persona, sollecitano o ricevono, per sé o per altri, denaro o altra utilità non dovuti, o ne accettano la promessa, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, sono puniti con la reclusione da uno a tre anni. Si applica la stessa pena se il fatto è commesso da chi nell’ambito organizzativo della società o dell’ente privato esercita funzioni direttive diverse da quelle proprie dei soggetti di cui al precedente periodo.
Si applica la pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al primo comma.
Chi, anche per interposta persona, offre, promette o dà denaro o altra utilità non dovuti alle persone indicate nel primo e nel secondo comma, è punito con le pene ivi previste.
Le pene stabilite nei commi precedenti sono raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.
Si procede a querela della persona offesa, salvo che dal fatto derivi una distorsione della concorrenza nella acquisizione di beni o servizi. Fermo quanto previsto dall’articolo 2641, la misura della confisca per valore equivalente non può essere inferiore al valore delle utilità date, promesse o offerte”.
Proprio con specifico riferimento all’articolo di legge citato, si veda innanzitutto come le modifiche legislative abbiano ampliato la platea dei soggetti che – violandone il disposto – potrebbero integrare la fattispecie illecita.
Con la riforma ex D.lgs. 38/2017, dunque, non solo coloro che rivestono posizioni apicali di amministrazione o di controllo, ma anche coloro che svolgono attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive presso società o enti privati potranno essere autori del reato corruttivo circoscritto. Sarà rilevante anche la condotta dei soggetti sopra elencati qualora venga compiuta per interposta persona.
Al contempo sono state incrementate le ipotesi di condotta tipiche della fattispecie in esame, includendo nell’illecito sia le condotte per le quali la società elargisce a soggetti esterni alla stessa denaro o altre utilità – per il tramite dei soggetti sopra citati – ovvero quelle c.d. “passive” ove sia la società – sempre con l’intervento delle figure predette – a ricevere da terzi esterni alla realtà imprenditoriale benefici e/o denaro.
La riforma in commento rappresenta altresì un punto di rottura significativo rispetto alla normativa previgente anche sul piano strutturale del momento consumativo della fattispecie corruttiva ex art. 2635 c.c.: Scompare nel testo normativo il riferimento alla necessità che la condotta “cagioni nocumento alla società”, con conseguente trasformazione della fattispecie da reato di danno a reato di pericolo.
L’anticipazione della tutela giuridica rappresenta certamente un punto di svolta nella normativa.
Non meno rilevante, si badi, è l’introduzione da parte del D.lgs. 38/2017 dell’art. 2635 bis c.c. mediante il quale verrà sanzionata l’istigazione alla corruzione tra privati.
Si legge, infatti, “Chiunque offre o promette denaro o altra utilità non dovuti agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi un’attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive, affinché compia od ometta un atto in violazione degli obblighi inerenti al proprio ufficio o degli obblighi di fedeltà, soggiace, qualora l’offerta o la promessa non sia accettata, alla pena stabilita nel primo comma dell’articolo 2635, ridotta di un terzo.
La pena di cui al primo comma si applica agli amministratori, ai direttori generali, ai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, ai sindaci e ai liquidatori, di società o enti privati, nonché a chi svolge in essi attività lavorativa con l’esercizio di funzioni direttive, che sollecitano per se’ o per altri, anche per interposta persona, una promessa o dazione di denaro o di altra utilità, per compiere o per omettere un atto in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, qualora la sollecitazione non sia accettata.
Si procede a querela della persona offesa”.
E, ancora.
È ora in vigore l’art. 2635 ter del codice civile mediante il quale è stato stabilito in merito alle pene accessorie che «La condanna per il reato di cui all’articolo 2635, primo comma, importa in ogni caso l’interdizione temporanea dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese di cui all’articolo 32-bis del codice penale nei confronti di chi sia già stato condannato per il medesimo reato o per quello di cui all’articolo 2635-bis, secondo comma.».
In considerazione della portata innovatrice della riforma, è stato altresì modificato il testo dell’art. 25 ter, I comma, del D.lgs. 231/2001 inerente la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, con particolare riguardo al profilo sanzionatorio derivante da una violazione delle prescrizioni della citata normativa.
Ebbene, dal 14 aprile c.m. – data di entrata in vigore delle disposizioni sopra esposte – per il delitto di corruzione attiva tra privati (art. 2635, comma 3, c.c.), in particolare, è previsto che si applicherà la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote; nei casi di istigazione attiva (art. 2635-bis, comma 1 c.c.), la sanzione pecuniaria scende da duecento a quattrocento quote.
Si applicheranno, altresì, le sanzioni interdittive previste dall’art. 9, comma 2, d.lgs. n. 231/2001 (l’interdizione dall’esercizio dell’attività; la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi).