Con la sentenza n. 2305 del 20 gennaio 2023, la Corte di Cassazione Penale è tornata sul tema della responsabilità del committente in caso di infortunio di un lavoratore autonomo, ribadendo il principio, già statuito in precedenza, in forza del quale il committente risponde dell’infortunio occorso al lavoratore autonomo ove sia dimostrato che egli abbia omesso di verificare la sua idoneità tecnico-professionale anche in relazione ai lavori da compiersi.

La decisione della Suprema Corte trae origine dal decesso di un lavoratore autonomo cui era stato affidato il rifacimento della copertura di un capannone e che, trovandosi sul tetto, mentre era intento a tagliare delle lastre, a causa delle sollecitazioni provocate dal suo stesso peso, sfondava una lastra di copertura e precipitava da una altezza di 4,5 metri.

Al committente dei lavori era stato contestato di aver cagionato la morte del lavoratore per colpa generica e specifica, quest’ultima consistita nella violazione degli artt. 2087 c.c., 90 comma 9 lett. a), 26 comma 3-ter e 148 del D. Lgs. n. 81/2008, avendo omesso di verificare l’idoneità tecnico-professionale dello stesso lavoratore autonomo, nonché di redigere il documento di valutazione dei rischi e di predisporre idonee misure di protezione individuali atte a garantirne l’incolumità.

All’esito del giudizio di legittimità, la Corte di Cassazione ha rilevato come i giudici di merito avessero ricondotto all’imputato l’iniziativa di affidare all’infortunato il compito di effettuare i lavori sul tetto del capannone, acconsentendo acché quest’ultimo intervenisse proprio sul tetto, senza che fosse stata previamente eseguita un’indagine sull’idoneità tecnico professionale dell’incaricato.

Il principio richiamato dagli Ermellini nella pronuncia in commento ha lo scopo di delineare i profili di responsabilità in tema di sicurezza sul lavoro del committente a fronte dell’esigenza di imporre a quest’ultimo un dovere di sicurezza, con riguardo ai lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto o di prestazione d’opera.

Pertanto, la giurisprudenza ha correttamente ritenuto che “occorre verificare in concreto, quale sia stata l’incidenza della sua [del committente] condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (cfr. Cass. Civ. 35815/2016).

Ed infatti, è principio ormai cristallizzato quello per cui in materia di responsabilità colposa, il committente di lavori affidati in appalto deve adeguare la sua condotta ad una fondamentale regola di diligenza e prudenza: scegliere l’appaltatore e più in genere il soggetto al quale affida l’incarico, accertando che la persona alla quale si rivolge sia non soltanto munita dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa.

In concreto, il committente dovrà acquisire il certificato di iscrizione alla camera di commercio, industria e artigianato della impresa o del lavoratore autonomo, nonché un’autocertificazione dei requisiti di idoneità tecnico professionale prevista dalla normativa di settore. Questa è la documentazione che è formalmente richiesto di acquisire al committente, ma naturalmente la verifica deve comunque estendersi alla verifica diligente e perita della effettiva capacità tecnico professionale di svolgere i lavori commissionati in modo sicuro, anche, per l’appunto, avuto riguardo al tipo di opera richiesta.

La sentenza in commento  esprime anche un altro interessante principio: l’imputato aveva altresì proposto ricorso per cassazione sul presupposto che l’immobile su cui dovevano essere eseguiti i lavori era concesso in locazione e che la responsabilità del sinistro avrebbe dovuto essere attribuita al conduttore in quanto era costui, con i suoi dipendenti, ad essere presente al momento del fatto che, quindi, si poneva al di fuori della sua sfera di controllo.

La Suprema Corte ha ritenuto infondata l’eccezione proposta dall’imputato, in primis poiché il tema oggetto di contestazione era, in effetti, la responsabilità del committente dei lavori e, in secondo luogo, poiché la concorrente responsabilità di altri eventuali titolari di posizioni di garanzia in relazione all’infortunio occorso al lavoratore non incide sulla responsabilità del committente, che permane in ogni caso.

Gli Ermellini hanno difatti richiamato un orientamento consolidato della giurisprudenza di legittimità secondo cui “in tema di reati omissivi colposi, se più sono i titolari di una posizione di garanzia, ciascuno è per intero, destinatario dell’obbligo giuridico di impedire l’evento”. Con la conseguenza, nella fattispecie oggetto della sentenza in esame, che un eventuale obbligo in obbligo in capo al conduttore non avrebbe esonerato il committente dalla responsabilità, per intero, del fatto occorso poiché comunque destinatario dell’obbligo di impedire l’evento.   

Pertanto, alla luce della sentenza in commento e, più in generale, dell’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza richiamato dalla sentenza de qua, il committente, su cui gravano per intero tutti gli obblighi imposti dalla legge in materia di prevenzione degli infortuni – indipendentemente dal fatto che vi siano altri soggetti garanti dei medesimi obblighi – deve necessariamente operare una attenta e precisa verifica dell’idoneità tecnico-professionale dell’appaltatore in ragione dell’opera che intende affidargli. Con la conseguenza che, in caso di infortunio, ove sia dimostrato che abbia omesso tale verifica, il committente risponde direttamente dell’infortunio occorso al lavoratore autonomo.

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