Ormai la strada imposta dalle leggi che regolano il mercato è chiaramente orientata alla prevenzione: scopo del legislatore è quello di stimolare le imprese verso una migliore organizzazione aziendale, capace di intercettare i possibili rischi e agire prima che gli stessi possano divenire problematici al fine di evitare eventuali deviazioni e, quindi, scongiurare il verificarsi di potenziali illeciti.
Quanto sopra, trova conferma nei molteplici interventi che si sono susseguiti nel tempo e se ne citano solo alcuni dei più risonanti: quelli occorsi in campo di tutela della salute e della sicurezza, in ambito ambientale, in ordine alla tutela dei dati personali, con riguardo all’antiriciclaggio, alla trasparenza, la corruzione e, non di meno, di recente, non si può omettere di citare anche la riforma operata sulla crisi di impresa.
Fra gli interventi più importanti in materia di gestione del rischio, non di meno, primeggia ormai da diverso tempo la regolamentazione della responsabilità delle persone giuridiche ex D.lgs. 231/2001, il cui fine è – su tutti – quello di stimolare una cultura sociale improntata ad elevati standard di legalità.

Proprio in materia di responsabilità parapenale ex D.Lgs. 231, nel corrente anno si sono susseguite importanti pronunce da parte della Corte di Cassazione, meritevoli di essere portate all’attenzione di tutti coloro sensibili al tema della compliance di impresa e, di seguito, se ne riportano i passaggi di maggior risonanza per l’interpretazione del noto D.lgs. 231/2001.

Sentenza Cass. Pen., Sez. IV, n. 38025/2022 – Sull’importanza dell’efficace attuazione del MOGC 231

In sede di riesame della Sentenza impugnata, fra le altre ragioni, per il seguente motivo “Con il terzo motivo si denunciano violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla negata applicazione dell’attenuante prevista dall’art. 12, comma 2, lettera B del D.lgs. 231/2001, sebbene sia stato riconosciuto che era stato adottato, nei tempi previsti, un idoneo modello di organizzazione, con nomina di un organismo di vigilanza sull’osservanza delle regole interne di condotta da seguire e con l’introduzione di un codice etico e di un sistema sanzionatorio e disciplinare, nonché con l’adozione di un manuale integrato qualità, ambiente e sicurezza sul lavoro” la Corte di Cassazione ha così statuito:
“Per quanto concerne il terzo motivo, proposto in relazione al regime circostanziale riferito alla tempestiva adozione di un idoneo modello di organizzazione, si tratta comunque di lagnanza manifestamente infondata […] ed invero, la sentenza impugnata ha, al riguardo, correttamente evidenziato che, come del resto specificatamente richiesto dalla lettera della norma, sarebbe stato necessario che tale modello fosse “reso operativo”, a tanto non bastando evidentemente la mera nomina dell’organismo di vigilanza, né le ulteriori iniziative descritte nel ricorso”.

Sentenza Cass. Pen., Sez. IV, n. 34943/2022 – Sulle responsabilità dei dirigenti e la delega di funzioni

Nel caso in esame la Corte di Cassazione è stata investita del compito di riesaminare una Sentenza emessa in tema di illecito 231 derivante da violazione degli obblighi di cui al T.U. 81/2008.
In merito al riparto delle responsabilità fra gli “attori” chiamati a governare il tema della tutela della salute e della sicurezza in azienda, in Sentenza, si legge: “A tal proposito la Suprema Corte di Cassazione a S.U. ha avuto modo di rimarcare che “è diffusa l’opinione (e la si rinviene spesso negli atti giudiziari) che i poteri e le responsabilità del dirigente e del preposto nascano necessariamente da una delega. Al contrario, le figure dei garanti hanno una originaria sfera di responsabilità che non ha bisogno di deleghe per essere operante ma deriva direttamente dall’investitura o dal fatto. La delega è invece qualcosa di diverso: essa, nei limiti in cui è consentita dalla legge, opera la traslazione dal delegante al delegato di poteri e responsabilità che sono proprie del delegante medesimo. Questi, per così dire, si libera di poteri e responsabilità che vengono assunti a titolo derivativo dal delegato. La delega, quindi, determina la riscrittura della mappa dei poteri e delle responsabilità. Residua, in ogni caso, tra l’altro, come l’art. 16 del T.U. ha chiarito, un obbligo di vigilanza “alta” a carico del delegante”.

Sentenza Cass. Pen., Sez. IV, n. 34937/2022 – Sulla confisca del profitto da reato nell’ipotesi di intermediazione e sfruttamento illecito dei lavoratori

Nel caso in esame, in sede di Cassazione, è stata confermata la legittimità della misura disposta in danno dell’Ente nei precedenti gradi di giudizio – ossia la confisca di importo “pari ai contributi evasi moltiplicati per il numero dei lavoratori con riferimento all’orario di lavoro svolto” – a fronte della configurazione del reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Nel caso di specie, il Tribunale di Mantova aveva riconosciuto l’Ente imputato del reato sopra specificato “per aver impiegato tredici operai extra comunitari presso un laboratorio tessile […] sottoponendoli a condizione di sfruttamento lavorativo collegato al loro stato di bisogno, con retribuzione di gran lunga inferiore a quella fissata dai contratti collettivi di settore e con orario lavorativo di circa 8-9 ore giornaliere e a condizioni di alloggio degradanti e non conformi alle regole igieniche essenziali e lo aveva condannato alla pena di anni uno mesi quatto di reclusione […]

Sentenza Cass. Pen., Sez. III, n. 32505/2022” – Sulla configurazione del reato di cui all’art. 2 d.lgs. 74/2000

(Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti)
Per la contestazione del reato in esame, viene ribadito come in sede di giudizio “è necessario dimostrare che le operazioni documentate dalle fatture o non siano state proprio effettuate, o siano state effettuate da un soggetto diverso dall’emittente. In particolare, per affermare che le operazioni documentate dalle fatture siano state effettuate da un soggetto diverso, è certamente risolutivo evidenziare che l’impresa formalmente emittente sia un mero “schermo”, e, quindi, un soggetto in realtà inesistente […]”.

A chiusura, è bene rammentare che perché possa avere un’effettiva portata esimente, l’adozione e l’attuazione del MOGC 231 non devono essere solo “adempimenti formali”, quanto piuttosto deve consistere in una rappresentazione veritiera delle leggi che – nel rispetto della normativa vigente, ovviamente – regolano l’impresa.

È la giurisprudenza a fornire chiare direttive sulla corretta costruzione del MOGC 231:

a) Deve essere adottato partendo da una mappatura dei rischi di reato specifica ed esaustiva, che non riporti solo il dato normativo;
b) Deve prevedere un Organismo di Vigilanza con adeguate capacità specifica in tema di attività ispettiva e consulenziale;
c) Deve prevedere quale causa di ineleggibilità a componente dell’ODV la sentenza di condanna (o patteggiamento) non irrevocabile;
d) Deve differenziare fra la formazione dei dipendenti nella loro generalità, ai dipendenti che operino in specifiche aree di rischio, all’organo di vigilanza e ai preposti al controllo interno;
e) Deve prevedere i contenuti dei corsi di formazione, la loro frequenza, l’obbligatorietà di partecipare ai corsi, controlli di frequenza e di qualità sul contenuto dei programmi;
f) Deve prevedere specifiche ed adeguate sanzioni disciplinari;
g) Deve prevedere sistematiche procedure di ricerca e identificazione dei rischi;
h) Deve prevedere controlli di routine e controlli “a sorpresa” nei confronti delle attività sensibili;
i) Deve prevedere adeguati flussi di informazione con l’Organismo di Vigilanza, nonché di segnalazione;
j) Deve prevedere protocolli e procedure specifiche e concrete.

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Lo studio resta a disposizione per i chiarimenti e gli approfondimenti del caso.