Come noto, il legislatore nostrano con il D. Lgs. 81/2008 ha attribuito al datore di lavoro determinati obblighi in ordine alla sicurezza nei luoghi lavoro, con ciò ritenendolo responsabile – e, dunque, punibile – degli infortuni avvenuti in detti luoghi e causati dall’inosservanza delle disposizioni previste dal decreto.

La giurisprudenza di legittimità più recente, da ultimo con la sentenza n. 24830 del 25.06.2021, ha abbandonato il criterio dell’imprevedibilità del comportamento del lavoratore nella verifica della relazione causale tra la condotta del reo e l’evento.

In tale pronuncia gli Ermellini, discostandosi, dunque, dalla più risalente giurisprudenza, hanno sostenuto che “affinché la condotta del lavoratore possa dirsi abnorme e idonea a escludere il nesso di causalità tra la condotta del lavoratore e l’evento lesivo, è necessario non tanto che essa sia imprevedibile, quanto, piuttosto, che sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia”.

Nel caso di specie, il merito della controversia riguardava il decesso di una lavoratrice, rimasta investita da una macchina raccogli-pomodori che, procedendo in retromarcia, non si avvedeva della donna e la travolgeva. La difesa dell’imputato sosteneva che la condotta della lavoratrice aveva interrotto il nesso di causalità condotta/evento, dal momento in cui la stessa, contrariamente alle disposizioni dettate dal datore di lavoro, era scesa dalla macchina di sua iniziativa e si era posizionata dietro la medesima.

La Suprema Corte, tuttavia, nel respingere la tesi avanzata dalla difesa, ha, invero, affermato l’esatto contrario: si legge, infatti, che “la condotta della lavoratrice non può collocarsi al di fuori della sfera di governo del datore di lavoro, poiché realizza proprio l’azione paventata dalla regola preventiva omessa, ovverosia l’investimento di un soggetto non visibile, poiché collocato nel cono d’ombra del mezzo in fase di manovra. E dunque, “laddove il datore di lavoro avesse adempiuto agli obblighi prevenzionali impostigli”, la lavoratrice avrebbe potuto essere vista, con ciò evitando l’evento verificatosi.

Ma non solo. La Corte ha altresì preso posizione sul disposto dell’art. 20 del D. Lgs. 81/2008, il quale dispone che ogni lavoratore debba prendersi cura della propria salute e di quella degli altri lavoratori, contribuendo con il datore di lavoro al rispetto delle cautele previste per la sicurezza del lavoro, anche a mezzo delle prescrizioni datoriale impartite.

Ebbene, secondo i giudici di legittimità nemmeno il fatto che un lavoratore non rispetti le suddette prescrizioni può ritenersi quale “fatto esorbitante” tale da escludere la punibilità del datore di lavoro, costituendo piuttosto “uno di quei rischi che il garante è tenuto a governare” e rilevando eventualmente in termini di colpa concorrente. E ciò poiché “altrimenti, l’onere imposto al lavoratore di collaborare con il datore di lavoro al mantenimento della propria salute e di quella collettiva, si trasformerebbe, a mezzo di un vero e proprio rovesciamento, nell’assunzione da parte del lavoratore subordinato della posizione di garanzia gravante sul datore di lavoro […] che deve farsi carico anche di assicurare, eventualmente in via disciplinare, l’osservanza delle disposizioni date”.

Un nuovo orientamento giurisprudenziale, questo, che le imprese dovranno necessariamente tenere in debita considerazione, anche per quanto concerne i potenziali riflessi sulla responsabilità parapenale degli enti ex D.Lgs.231/2001.

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