Il 6 luglio 2020 il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo di attuazione della Direttiva (UE) 2017/1371, relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale, c.d. Direttiva PIF.

Nella relazione illustrativa al decreto legislativo in commento si legge che “Per garantire l’attuazione della politica dell’Unione in detta materia, è essenziale proseguire nel ravvicinamento del diritto penale degli Stati membri completando, per i tipi di condotte fraudolente più gravi in tale settore, la tutela degli interessi finanziari dell’Unione ai sensi del diritto amministrativo e del diritto civile, evitando al contempo incongruenze sia all’interno di ciascuna di tali branche che tra di esse”.

Viene di seguito passata in rassegna la categoria dei reati lesivi degli interessi finanziari dell’Unione: “una prima categoria è rappresentata dai delitti, consumati o tentati, cui consegue l’appropriazione o la distrazione indebita di fondi o beni provenienti dal bilancio dell’Unione o dai bilanci da questa gestititi o gestiti per suo conto: si tratta, per quanto attiene all’ordinamento italiano, dei delitti di malversazione, di indebita percezione di erogazioni, di frode nelle pubbliche forniture, truffa aggravata, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, fronde informatica aggravata nonché il conseguimento indebito di erogazioni a carico totale o parziale del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale. Rientrano nella categoria anche i delitti di contrabbando: a seguito dell’istituzione di un’unione doganale comune a tutti gli Stati membri, infatti, i dazi doganali rappresentano una risorsa propria dell’UE e come tali concorrono al finanziamento del bilancio eurounitario. La seconda categoria è composta dai delitti, consumati o tentati, in materia di entrate derivanti dalle risorse proprie provenienti dall’IVA […]”.

Sono molte, quindi, le modifiche che derivano in conseguenza di ciò al Codice Penale ma anche al D.lgs. 231/2001 sotto svariati profili. Ancora una volta, infatti, viene esteso il catalogo dei reati presupposto, peraltro in maniera piuttosto rilevante.

Le Società, per continuare a possedere un Modello 231 dotato di efficacia esimente – e, quindi per essere compliance alla normativa – dovrà ancora una volta passare in rassegna i propri processi e mappare il rischio relativo alle seguenti ipotesi:

  1. frode nelle pubbliche forniture (art. 356 c.p.);
  2. frode ai danni del Fondo europeo agricolo di garanzia e del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (art. 2 L. 898/1986);
  3. peculato – escluso il peculato d’uso – (art. 314, c.1, c.p.);
  4. peculato mediante profitto dell’errore altrui (316 c.p.);
  5. abuso d’ufficio (323 c.p.);
  6. dichiarazione infedele (in caso di gravi frodi IVA transfrontaliere, art. 4 D.Lgs. 74/200);
  7. omessa dichiarazione (in caso di gravi frodi IVA transfrontaliere, art. 5 D.Lgs. 74/200);
  8. indebita compensazione (in caso di gravi frodi IVA transfrontaliere, art. 10 quater D.Lgs. 74/200);
  9. contrabbando (D.P.R. 43/1973).

Vi è da dire che per l’entrata in vigore del Decreto si attenderà la pubblicazione del medesimo in Gazzetta Ufficiale ma, vista la portata dell’ampliamento delle fattispecie di reato rilevanti ex D.lgs. 231/2001, pare doveroso anticipare la presente news per dar modo a tutti gli Enti già dotati di un MOGC 231 – e, ovviamente, anche per le Società che ancora non avessero seriamente pensato di provvedere alla sua adozione -di incominciare a riflettere sull’importanza di dar corso a un approfondito risk assessment  incentrato, in particolar modo, sui processi finanziari della propria realtà.

Lo studio rimane, come di consueto, a disposizione all’indirizzo segreteria@margiottalegal.it.