Con ordinanza n. 16026 del 18 giugno 2018 la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla delicata questione della responsabilità del datore di lavoro in caso di negligenza del lavoratore evidenziando quelli che sono ormai i più consolidati principi giurisprudenziali in materia.

I fatti riguardano un incidente mortale occorso ad un lavoratore investito da un treno allorquando stava operando un controllo, prima dell’orario fissato per l’intervento, sugli scambi ferroviari che dopo l’interruzione della circolazione dei treni, sarebbero dovuti servire per far passare carrelli e motoscale di una ditta da un binario all’altro per operazioni di sostituzione dei cavi della linea elettrica.

Giova precisare che la decisione del Tribunale prima e della Corte d’Appello di Napoli poi avevano escluso la responsabilità del datore di lavoro sulla motivazione che l’inopinata decisione del lavoratore di svolgere l’intervento prima del tempo, in assenza di qualsivoglia prassi in tal senso e, oltretutto, in violazione di una precisa indicazione datoriale costituivano senza alcun dubbio un comportamento del tutto atipico ed eccezionale rispetto al procedimento lavorativo.

La condotta posta in essere dal lavoratore secondo i Giudici, rispettivamente di primo e di secondo grado, si poneva come causa esclusiva dell’evento ed era idonea, quindi, a spezzare il nesso tra attività lavorativa e danno.

Secondo la Suprema Corte il suddetto ragionamento non può essere accolto per i motivi che ci si accinge brevemente ad illustrare.

In particolare, la Cassazione evidenzia come il principio contenuto nell’art. 2087 c.c. prevede l’obbligo per il datore di lavoro di predisporre nell’ambiente di lavoro la migliore tecnologia necessaria a tutelare l’integrità fisica e morale dei prestatori di lavoro contro i rischi esistenti sul luogo di lavoro.

Il principio poc’anzi richiamato vincola, quindi, il datore di lavoro all’adozione delle migliori misure prevenzionistiche in base alla scienza e all’esperienza del momento indipendentemente dal loro costo.

In altre parole i dispositivi e gli accorgimenti che il datore di lavoro è tenuto ad introdurre nell’azienda non sono solo quelli espressamente prescritti dalla legislazione speciale o da prescrizioni amministrative, ma anche quelli genericamente indicati dalle regole di prudenza, diligenza e osservanza delle norme tecniche di esperienza conosciute.

Giova, tuttavia, segnalare che l’obbligo di cui all’art. 2087 c.c., seppur ampio, non può ritenersi onnicomprensivo di qualsiasi evento verificatosi ai danni del lavoratore.

Sul punto l’Ordinanza in commento richiama un ormai consolidato orientamento interpretativo secondo cui il datore di lavoro è sì tenuto a “prevenire anche le condizioni  di rischio insite nella possibile negligenza, imprudenza o imperizia degli stessi lavoratori, quali destinatari della tutela dimostrando, secondo l’assetto giuridico posto dall’art. 2087 c.c., di aver messo in atto ogni mezzo preventivo idoneo a scongiurare che, alla base di eventi infortunistici, possano esservi comportamenti colposi del lavoratore” individuando però come unico limite il comportamento proprio del lavoratore – c.d. rischio elettivo – che ponga in essere una “condotta personalissima (…) avulsa dall’esercizio della prestazione lavorativa o ad essa riconducibile, esercitata ed intrapresa volontariamente in base a ragioni e a motivazioni del tutto personali, al di fuori dell’attività lavorativa  e prescindendo da essa, come tale idonea ad interrompere il nesso eziologico tra prestazione ed attività assicurata” (cfr. Cass. Civ. n. 27127 del 4 dicembre 2013, Cass. Civ. n. 4656 del 25 febbraio 2011, Cass. Civ. n. 18786 del 5 settembre 2014, Cass. Civ. n. 2642 del 22 febbraio 2012, Cass. Civ. n. 20221 del 24 settembre 2010).

Con ciò a voler dire che la responsabilità del datore di lavoro potrà essere esclusa in caso di dolo del lavoratore oppure in caso di rischio elettivo di quest’ultimo ovvero di un rischio generato da un’attività che non ha alcun collegamento e/o rapporto con lo svolgimento dell’attività lavorativa o che esorbiti in modo irrazionale dai limiti di essa oppure, infine, nel caso in cui l’infortunio è stato provocato da una condotta atipica ed eccezionale del lavoratore stesso.

Secondo la Suprema Corte, nel caso di specie, il datore di lavoro doveva ritenersi responsabile non avendo provveduto ad adottare tutte le cautele preventive di salvaguardia. Quest’ultimo infatti aveva consegnato con largo anticipo rispetto all’orario prestabilito per l’intervento la consegna delle chiavi al lavoratore.

Tale circostanza, quindi, se da un lato non può essere intesa come autorizzazione da parte del datore di lavoro ad un intervento prima del tempi dall’altro lato rappresenta un indice incontrovertibile della mancata adozione da parte del datore di lavoro di tutte le cautele preventive di salvaguardia e della cui dimostrazione è onerato il datore di lavoro.

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