Dopo anni di attesa dalla presentazione della Legge sul cosiddetto “whistleblowing” è arrivata l’approvazione definitiva del testo da parte della Camera il giorno 15 novembre 2017 per mettere al riparo da possibili ritorsioni tutti coloro che ora in avanti segnaleranno alle Autorità competenti gli illeciti commessi nei luoghi di lavoro.
La tutela sarà estesa tanto il settore privato, quanto quello pubblico ove, in realtà, già con la Legge Severino nel lontano 2001 era stata innalzata la soglia di protezione per il segnalante mediante l’applicazione di idonee procedure a garanzia del dipendente.
È, quindi, quest’ultima figura quella al centro della riforma.
Si definisce “whistleblower”, per l’appunto, qualunque lavoratore che, durante l’attività lavorativa all’interno di un’azienda e/o di un ente pubblico, rileva una possibile frode, un pericolo o un altro serio rischio che possa danneggiare clienti, colleghi, azionisti, il pubblico o la stessa reputazione dell’ente, e per questo decide di segnalarla.
Fondamentale quindi il ruolo di tale soggetto, poiché egli agisce nell’interesse pubblico.
Ragion per cui gli è stata accordata tutela.
In considerazione dell’impatto che la Legge in commento esercita, è stato al contempo modificato l’articolo 6 del D.lgs. 231 del 2001 sulla “Responsabilità amministrativa degli enti”.
In particolare, aggiungendo tre ulteriori commi all’articolo summenzionato:
a) sono stati aggiornati i requisiti che devono soddisfare i Modelli di Organizzazione e Controllo che pertanto dovevano essere adeguati a compliance con la nuova normativa;
b) sono delineate le misure a garanzia a tutela del whistleblower;
c) si chiarisce la natura delle segnalazioni: esse dovranno essere basate su fatti che siano “precisi e concordanti”.

Grande impatto della novella anche nel settore giuslavoristico: a seguito della segnalazione e per ragione della medesima sarà considerata illecita qualsivoglia sanzione a carico del dipendente, così come il suo demansionamento, licenziamento, trasferimento.
Si badi che in un eventuale giudizio opererà anche l’inversione dell’onere della prova e, pertanto, sarà il datore di lavoro ad essere chiamato a dimostrare che le misure eventualmente applicate trovano giustificazione in ragioni diverse a quelle correlate all’ipotetica segnalazione avanzata.
Infine, ulteriore fondamentale prerogativa è che l’azienda e/o l’ente pubblico mantenga l’assoluto riserbo sull’identità del whistleblower ciò, ovviamente, onde evitare ritorsioni e atti discriminatori, anche da parte di terzi, sulla figura del dipendente medesimo.

Sarà di certo interessante comprendere come, in concreto, le aziende soprattutto riusciranno ad operare un bilanciamento fra gli interessi pubblici di lotta alla corruzione con quelli più privati della realtà aziendale, chiamata oggi, quindi, non solo a operare secondo la massima trasparenza e integrità, ma anche a prevedere modalità interne di gestione del rischio e tutele per soggetti che potrebbero dover denunciare illeciti commessi proprio dalla medesima realtà di impresa.