Il 4 luglio 2017 è entrato in vigore il D.lgs. 25 maggio 2017, n. 90 avente ad oggetto la normativa volta alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo.
Viene così novellato il precedente impianto normativo, che ad oggi, appare quindi riformato in molteplici aspetti. Questi i principali:
1. Sono rimodulati e ampliati i compiti e le responsabilità sia del Ministero dell’economia e delle finanze e dell’UIF (Unità di informazione finanziaria per l’Italia) e delle altre autorità pubbliche interessate;
2. È stato ampliato l’insieme di soggetti identificati come “persone politicamente esposte”: insieme alle alte cariche dello Stato, ai ministri e parlamentari e tutte quelle figure che vi rientravano originariamente, ora troviamo anche i sindaci a capo di comuni con più di 15.000 abitanti e i vertici delle società da questi partecipate.
3. Da quanto sopra la seconda innovazione: il decreto istituisce il Registro dei titolari effettivi di persone giuridiche e trust. Le imprese dotate di personalità giuridica tenute all’iscrizione nel Registro delle imprese, ovvero le S.r.l., le S.p.a., le S.a.p.a. e le cooperative, dovranno comunicare le informazioni relative ai propri titolari effettivi al Registro delle imprese a cui sono iscritte;
4. La sanzione applicabile in caso di omessa comunicazione dei dati di cui al punto che precede, è la medesima prevista dall’articolo 2630 cod. civ. (sanzione amministrativa pecuniaria da 103 euro a 1.032 Euro);
5. All’articolo 22 D.Lgs. 231/2007 è inoltre previsto in capo alle società dotate di personalità giuridica l’obbligo di ottenere e conservare, per un periodo non inferiore a cinque anni, le informazioni sulla propria titolarità effettiva, da fornire ai soggetti obbligati in occasione degli adempimenti strumentali all’adeguata verifica della clientela. Le informazioni saranno acquisite a cura degli amministratori, sulla base della documentazione contabile e dei libri sociali, nonché, in caso di dubbi, dietro specifica richiesta ai soci: il rifiuto ingiustificato del socio, così come la sua inerzia comporterà addirittura la perdita del diritto ad esercitare il voto in assemblea e l’impugnabilità delle delibere assunte con il voto determinante del socio non collaborativo;
6. All’articolo 47 D.lgs. 231/2007 è stato ora previsto che i soggetti obbligati dovranno trasmettere alla UIF, con cadenza periodica, i dati e le informazioni concernenti le operazioni a rischio di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Sarà tuttavia la UIF, sentito il Comitato di sicurezza finanziaria, con apposite istruzioni da pubblicare in Gazzetta Ufficiale, ad individuare i dati da trasmettere e le modalità da seguire;
7. Il nuovo articolo 31 D.Lgs. 231/2007 impone più rilevanti obblighi di conservazione di documenti, dati e informazioni. Le nuove modalità di conservazione, infatti, dovranno assicurare “la tempestiva acquisizione, da parte del soggetto obbligato, dei documenti, dei dati e delle informazioni, con indicazione della relativa data”, escludendo l’alterabilità dei dati dopo la loro acquisizione, dovranno assicurare l’accessibilità completa e tempestiva ai dati;
8. All’articolo 55 del D.lgs. 231/2007 vengono declinate le sanzioni penali che spaziano – a seconda dell’illecito – dalla reclusione da 6 mesi a 3 anni e alla multa da 10.000 a 30.000 Euro.
La novella legislativa, infine, evidenzia per la materia l’operatività dell’art. 648-quater c.p., che disciplina la confisca per i reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, autoriciclaggio, nonché dell’art. 25-octies del d.lgs. 231/2001, che disciplina la responsabilità degli enti per gli stessi reati.
Si rammenta a tal proposito che per i reati di cui all’oggetto – nei confronti dell’ente – si possono applicare la sanzione pecuniaria da 200 a 800 quote (la sanzione va da 40 a 800 quote quando i denaro, i beni o le altre utilità provengono da delitto per il quale è stabilita la pena della reclusione superiore nel massimo a 5 anni) e le sanzioni interdittive di cui all’art. 9, comma 2, per una durata fino a 2 anni (fra queste vi rientrano: interdizione dall’esercizio dell’attività; sospensione o revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito; divieto di contrattare con la P.A., salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; divieto di pubblicizzare beni o servizi).
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