La Legge 69/2015 ha introdotto significative modifiche per ovviare all’inadeguatezza del sistema previgente e per contrastare il fenomeno corruttivo, il riciclaggio di denaro e gli illeciti societari. Nello specifico, a tal fine ha incrementato le sanzioni per i reati contro la Pubblica Amministrazione, previsto il recupero delle somme indebitamente percepite dal pubblico ufficiale, rafforzato gli obblighi informativi nei confronti dell’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) e revisionato il reato di false comunicazioni sociali.
Rilevante è certamente il sensibile inasprimento delle pene per i reati contro la Pubblica Amministrazione, nell’intento di riaffermare l’efficacia preventiva della sanzione e rafforzare gli strumenti a disposizione delle autorità preposte all’azione di contrasto alla criminalità d’impresa. In particolare, l’art. 1 della Legge 69 non interviene solo sulle pene principali, ma anche a quelle accessorie.

Il legislatore ha inoltre inciso sulla responsabilità degli enti aumentando le quote della sanzione pecuniaria prevista per la violazione dell’art. 25-ter del D.lgs. 231/2001 in materia di reati societari. Di conseguenza, ogni società nel predisporre il proprio modello organizzativo deve prestare particolare attenzione alle modifiche introdotte. La Legge 69/2015 assume pertanto particolare rilevanza anche per la responsabilità ex D.Lgs. 231/2001.
La nuova previsione ha poi introdotto il ravvedimento operoso (art. 323 bis c.p.) che consente la riduzione della pena da un terzo a due terzi per chi collabora con la giustizia, adoperandosi affinché l’attività delittuosa non venga portata a conseguenze ulteriori, fornendo le prove dei reati o individuando gli altri responsabili.
La nuova legge con l’art. 9 ha inoltre modificato l’art. 2621 c.c. – false comunicazioni sociali – sanzionando il reato di falso in bilancio come reato di pericolo e non di mero danno.

Questa fattispecie torna ad essere un delitto perseguibile d’ufficio ad eccezione delle piccole società non soggette a disciplina fallimentare, per le quali si procede con querela.
Rientrano nella previsione dell’art. 2621 c.c. le comunicazioni imposte dalla legge, effettuate con informazioni false oppure omesse, in modo idoneo a indurre in errore i destinatari. Oggetto della falsificazione possono essere i bilanci, le relazioni e le altre comunicazioni dirette ai soci e al pubblico previste dalla legge. Restano pertanto fuori dalla fattispecie le false comunicazioni atipiche.
Per questo reato è prevista la pena della reclusione da 1 a 5 anni, mentre per le false comunicazioni sociali delle società quotate (art. 2622 c.c.) la pena va dai 3 agli 8 anni. È però introdotta un’ipotesi di riduzione della pena – da 6 mesi a tre anni – per i fatti di lieve entità (art. 2621-bis c.c.), che deve tener conto della natura e delle dimensioni della società.

Per quanto riguarda invece l’accesso al patteggiamento l’art. 6 modifica la disciplina prevista: l’imputato e il Pubblico Ministero possono chiedere al giudice l’applicazione della pena a richiesta solo a seguito della restituzione integrale del prezzo o del profitto del reato.
Per un catalogo di reati contro la pubblica amministrazione, la sospensione condizionale della pena è invece subordinata al pagamento di una somma equivalente al profitto del reato ovvero all’ammontare di quanto indebitamente percepito dal pubblico ufficiale o dall’incaricato al pubblico servizio. La riparazione pecuniaria non sostituisce l’eventuale ulteriore risarcimento del danno.